Il travertino ascolano rappresenta in tutta la zona picena il principe dei materiali edili. Oltre che risorsa per l’edilizia locale, il travertino ascolano veniva infatti esportato in diverse regioni d’Italia e all’estero.
Se siete in giro per la città, a piedi o in bicicletta, diventa impossibile non imbattersi in edifici costruiti con questa pietra biancastra, visibilmente porata, ma resistente, con la quale sono state costruite la maggior parte delle strutture urbane.
Dalle semplici abitazioni alle dimore di pregio, dai palazzi del potere alle chiese più importanti, senza tralasciare la pavimentazioni delle piazze – come la centralissima Piazza del Popolo – il travertino per milioni di anni ha costituito la vera risorsa edilizia della città, impreziosendone la sua architettura e caratterizzandone l’aspetto. Le robuste mura, le torri, i ponti, i templi e molti altri monumenti si sono mirabilmente conservati, nonostante il volgere dei secoli dall’epoca romana fino ad oggi.
Una pietra ricca di storia e risorsa economica per una città intera che, a cavallo degli anni ‘50 fino agli anni ‘80, aveva fatto dell’estrazione del travertino una vera e propria industria. Basti pensare che nel dopoguerra fra Ascoli Piceno e Acquasanta Terme c’erano circa 60 cave, di cui 13 solo nella zona di San Marco. Oltre che risorsa per l’edilizia locale, il travertino ascolano veniva infatti esportato in diverse regioni d’Italia e all’estero.
Da sempre la zona di Ascoli Piceno è stata ricca di travertino, una roccia sedimentaria di origine chimica costituita essenzialmente da carbonato di calcio, trasportato dalle acque del fiume. Il travertino è una pietra che nasce in profondità, interagisce con l’esterno, si deposita sopra le altre pietre che lo inglobano. Il processo di sedimentazione del travertino è infatti la conseguenza di una reazione chimica d’equilibrio che si instaura tra gli ioni di calcio e l’idrogeno carbonato e il carbonato di calcio solido e il diossido di carbonio gassoso.
Come per le zone di Monte Rosara, Castel Trosino e Acquasanta Terme, la zona di San Marco è per sua conformazione un giacimento naturale di depositi di travertino. Quest’ultimo è disposto in una serie di terrazzi che, a partire da Vena Rossa, si susseguono verso nord fino ai giacimenti a 550 metri s.l.m. di Colle San Marco, definendo così quella tipica morfologia cupuliforme della superficie superiore del pianoro.
A soli 10 chilometri dalla città e a meno di 20 minuti di auto, sono ancora ben visibili le cave di travertino di Colle San Marco.
Qui, a partire dagli anni ‘50, vennero effettuati i primi tentativi di perforazione della roccia, partendo dai giacimenti di Piagge. La qualità di questo travertino varia leggermente per grana e per sfumature cromatiche rispetto a quello di Acquasanta, che appare molto più bianco e levigato.
Il travertino ascolano si presenta con una base comune di colore avorio che con gli anni assume l’aspetto che oggi possiamo ammirare sui monumenti del centro storico.
Negli anni, diverse sono state le metodologie d’estrazione del travertino che con l’evoluzione e il progresso tecnologico hanno sempre più facilitato lo sforzo dell’uomo. Prima il semovente, poi l’argano con i fili d’acciacio, poi gli eslosivi, poi il filo leicoidale che – grazie anche all’addizione della sabbia riusciva ad effettuare dei tagli netti nella roccia – fino ai recentissimi monolama elettrici.
ll travertino non è mai stata una pietra di facile lavorazione, eppure artigiani e artisti di tutte le epoche hanno saputo trarne preziosissimi elementi decorativi – sopratutto nel Rinascimento – grazie a strumenti come il piccheto, il mazzuolo e il graffione. Magistri de preta, così venivano chiamati ad Ascoli scultori e scarpellini di ogni tempo, a rappresentare una realtà importante nelle arti della città.
La lunga tradizione del travertino continua ancora oggi ad Ascoli Piceno nelle ormai rare botteghe e grazie alla scelta degli scultori locali, consapevoli dell’unicità di questo mestiere tramandato di padre in figlio.