Luoghi da vedere ad Ascoli Piceno: Piazza Ventidio Basso
Ad Ascoli Piceno, Piazza Ventidio Basso, la medievale “Platea inferior”, detta così per distinguerla dalla “Platea superior”, l’odierna Piazza del Popolo, era un tempo il luogo del mercato manifatturiero.
Punto nevralgico della città antica, era il naturale ingresso per chi arrivava ad Ascoli Piceno dopo aver percorso il Ponte romano di Porta Solestà. Una lapide murata sulla parete nord della Chiesa di S. Pietro Martire, indicante le gabelle, cioè le tasse sui prodotti, ricorda che qui si svolgeva il mercato dell’artigianato tessile.
Al centro della piazza sorge la Chiesa dei Ss. Vincenzo e Anastasio, dedicata a due santi ricordati dalla Chiesa nello stesso giorno (22 Gennaio) ma vissuti in zone ed epoche diverse: San Vincenzo, spagnolo martirizzato nel IV sec., e Sant’Anastasio, siriano martirizzato nel VII. Entrambi testimoni dell’universalità del cristianesimo. L’iscrizione nella lunetta dell’ingresso principale ricorda che l’edificio venne rimaneggiato nel 1306 al tempo del Priore Bonaventura.
Questi fece costruire la nuova facciata, ripartita in sessantaquattro riquadri (tipicità dell’architettura medievale umbra ed abruzzese), che ingloba la torre. Questa, in origine esterna, si presentava alla base come un portico quadrato coperto; oggi è adibita a sagrestia. Sempre nel 1306 si innalza il fianco sinistro della nuova chiesa.
Un’altra epigrafe, sul fianco destro, riguarda la costruzione del fianco stesso avvenuta diversi anni dopo (1389) per volontà di un altro priore, Saladino di Matteo. L’interno è scandito in tre navate da archi a sesto pieno sostenuti da pilastri quadrati e il soffitto ha mantenuto la copertura a capriate. Il presbiterio è rialzato rispetto al piano della chiesa. La navata centrale, illuminata da bifore, termina con un’abside circolare all’interno ma poligonale all’esterno.
Dalle due scalinate che si aprono all’inizio dell’abside si accede alla cripta. Questa è divisa in due ambienti: la stanza principale ha un soffitto detto “a cappuccina”, in origine completamente decorato da un ciclo pittorico riguardante la “Storia di S. Silvestro tra i lebbrosi” (oggi in gran parte strappato e conservato nel Museo Diocesano); presenta un piccolo pozzo con ingresso a gradini utilizzato per l’immersione dei piedi in quella che si riteneva fosse acqua miracolosa. La stessa acqua sorgiva riaffiorava nell’adiacente ambiente, più basso e diviso dal primo da una severa colonna di travertino.
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AUTORE: Lella Palumbi, esperta di storia dell’arte